martedì 24 marzo 2009

Dissidenti o assetati?



Pubblico questo interessante articolo di Gennaro Carotenuto pubbblicato su Latinoamerica. Dopo averlo letto mi è tornata la solita domanda: ma come hanno fatto i cubani a resistere alla più potente e duratura aggressione della storia? Se questo se lo chiedessero anche i dirigenti della nostra sinistra forse smetterebbero di sparare, e fare, cazzate per dedicarsi a quella che dovrebbe essere la oro missione, cioè costruire una società socialista.
(Foto tratta dal sito di Gennaro Carotenuto)


LA BBC ROMPE I TABÙ SULL’OPPOSIZIONE DEMOCRATICA A CUBA
Gennaro Carotenuto(24 marzo 2009)

Vizi privati e pubbliche virtù dei dissidenti cubani in genere santificati dai media e che accusano l’Unione Europea di tradimento. Se a rivelarne pochezze ed estremismi e disegnare un quadro dal quale i dissidenti cubani appaiono come tutt’altro che degli eroi disinteressati è una giornalista come Rosa Miriam Elizalde, questa può essere accusata di essere una penna al servizio del regime castrista. Ma se a scrivere le stesse cose è la BBC allora le cose si complicano e per la stampa mainstream non resta che ignorare la realtà. È finita la moda di isolare Cuba. Con l’annuncio di El Salvador e Costarica dell’imminente ristabilimento di piene relazioni diplomatiche ed economiche con l’isola, nessun paese latinoamericano accetta più l’ideologia dell’isolamento dell’Isola grande voluta dagli Stati Uniti. El Salvador e Costarica erano gli ultimi due paesi a non aver ancora ristabilito relazioni a 50 anni dalla rottura del 1959. E con la fine dell’isolamento decade anche la costruzione artificiale dei capi dell’opposizione, ai quali piace farsi fotografare con personalità straniere a partire dall’incaricato d’affari statunitense che (durante il governo di George Bush lo faceva apertamente) versa loro faraonici stipendi. Non solo, la BBC testimonia che nessuna delle personalità internazionali che negli ultimi 15 mesi ha visitato Cuba ha voluto incontrare i leader della dissidenza, cosa che prima era un must di qualunque rappresentante politico che si recasse a Cuba. Neanche Michelle Bachelet, la presidente cilena, che pure in passato aveva avuto parole aspre verso la Rivoluzione, ha voluto vedere i capi dissidenti. In compenso si è fatta fotografare con Fidel Castro e suo fratello Raúl. Cristina Fernández, presidente argentina, non si è posta neanche il problema. Il presidente del Costa Rica, e premio Nobel per la Pace, Oscar Arias, non ha speso neanche una parola per loro nel discorso col quale annunciava il ristabilimento delle relazioni e il Commissario Europeo Louis Michel, incaricato delle negoziazioni tra UE e Cuba, non risponde neanche al telefono. Qual è il motivo di tanto isolamento per figure che fino a poco tempo fa potevano ottenere facilmente un’intervista su di un grande quotidiano internazionale? Non sono sempre gli stessi i Vladimiro Roca, Martha Beatriz Roque, Antúnez, Elizardo Sánchez per incontrare i quali politici e giornalisti facevano a gara (strano regime Cuba…)? Sì il problema, sempre secondo la BBC, è che sono sempre gli stessi, decine di milioni di dollari dopo, soldi passati dalle loro mani, che hanno consentito loro impensabili tenori di vita e a volte sono rimasti impigliati nelle loro mani. Per la dignità della mentalità cubana chi riceve soldi dal nemico, e lo ostenta, non è un dirigente possibile di nulla. Perfino Sánchez ha ammesso che in questi anni l’oro di Washington non solo non ha provocato la caduta della Rivoluzione ma ha bruciato chi lo ha accettato. Vladimiro, Martha Beatriz e gli altri allora sono così sempre gli stessi da non aver capito che non solo la guerra fredda è finita ma è passato anche il periodo speciale e infine il bushismo con la pretesa di strangolare l’isola. E allora, proprio nel momento in cui le aperture di Barack Obama fanno sperare in un miglioramento desiderato da tutti i cubani dal punto di vista delle rimesse e delle visite dei parenti emigrati in Florida, come può venire in mente ad uno dei dissidenti più in vista, Antúnez, al secolo Jorge Luis García, di pretendere che Barack Obama mantenga tutte le restrizioni e di attaccare quei cubani emigrati che desiderano tornare nell’isola a visitare le famiglie. E non suona completamente fuori dal mondo quel mettere per iscritto un’accusa di tradimento contro l’Unione Europea da parte dei dissidenti più in vista? I nodi stanno così venendo al pettine. Perché in 50 anni e nonostante vari periodi difficili per la Rivoluzione non sono mai riusciti ad aumentare le loro fila? A chi parlano davvero i dissidenti cubani? A chi li finanzia o al popolo cubano? Di certo non sembrano parlare ai cubani che, anche se stanno molto meglio rispetto al periodo speciale, continuano a fare vita difficile, soprattutto se non possono avere dollari a disposizione. Se l’opposizione esige la liberazione dei prigionieri politici (alcune decine quasi sempre dimostrabilmente a libro paga dell’ambasciata statunitense), elezioni multipartitiche, ritorno del capitalismo, libertà di stampa, indipendentemente o no dalla giustezza di tali rivendicazioni l’opinione pubblica cubana sente al contrario il bisogno di miglioramenti economici, nell’alimentazione, nei trasporti. Le necessità della popolazione però lasciano indifferente l’opposizione che punta al tanto peggio tanto meglio per risolvere i conti aperti con la Rivoluzione. Perfino un sondaggio realizzato in maniera segreta nell’isola dal Partito Repubblicano statunitense confermerebbe lo scollamento totale tra opinione pubblica e un’opposizione incapace di interpretare il malessere della popolazione ma capacissima di incassare soldi a palate da un paese nemico come gli Stati Uniti e di farsi fotografare con diplomatici statunitensi, materiale che i media governativi hanno gioco facile a mostrare: dissidenti di professione. Tutto ciò può essere visto con i propri occhi a Cuba, può essere letto su reportage della BBC, ma non può essere scritto sui nostri giornali mainstream. Per loro Martha Beatriz e gli altri devono continuare ad essere degli eroi.
fonte http://www.gennarocarotenuto.it/

domenica 15 marzo 2009

Primi timidi passi del Senato Usa verso Cuba

Il Senato USA compie un primo timido passo verso Cuba allentando le restrizioni riguardanti i viaggi a Cuba dei cittadini statunitensi. Non è il caso di farsi grandi illusioni, ma l'isolamento nordamericano in quella che viene definita la più grave violazione dei diriti umani, continuamente sanzionata dall'ONU, sembra voler costringere la nuova Amministrazione americana a rivedere il suo vergognoso ed inaccettabile atteggiamento. Ora che il continente latinoamericano sta intraprendendo la via dell'autonomia e dell'indipendenza, la posizione degli Usa diventa sempre più insostenibile.
Di seguito la nota del vice responsabile Esteri del PdCI, Andrea Genovali che in poche righe illustra il fatto.

“La decisione di oggi del Senato degli Usa di allentare le restrizioni riguardanti la possibilità di recarsi nell’isola da parte dei cittadini statunitensi di origine cubana, rappresenta un piccolo primo passo nella giusta direzione. Il Presidente Obama deve avere il coraggio di togliere quel blocco condannato 13 volte dalle Nazioni Unite come illegale e illegittimo che ha prodotto nel corso dei decenni solo effetti dannosi al popolo cubano. Anche paesi importanti dell’America Latina come Cile, Brasile e Uruguay hanno chiesto agli Usa di toglierlo. Come Comunisti Italiani ribadiamo la ferma condanna del blocco e torniamo a ribadire l’assoluta necessità di abolirlo, chiedendo anche all’Unione Europea di lavorare attivamente affinché la legalità internazionale sia ristabilita”.
Andrea Genovali, vice responsabile Esteri del PdCI.