lunedì 30 dicembre 2013

ATTUALITA’ DELLA GUERRA CULTURALE CONTRO IL SOCIALISMO A CUBA

All’abituale incontro mensile promosso dall’Associazione Hermanos Saìz presso il Pabellon Cuba, si è discusso dell’attualità della guerra culturale contro Cuba ed il socialismo. L’incontro ha visto come partecipanti il giornalista, scrittore e sociologo Enrique Ubieta e l’insegnate e scrittore Ivan Antonio Capote, più noto come agente Daniel, nome con il quale lavorò per il Governo cubano riuscendo a diventare agente della CIA per scoprire i piani messi in atto dall’imperialismo yankee per distruggere il processo rivoluzionario in atto a Cuba. Secondo Enrique Ubieta la guerra culturale in atto è quella che combattono su fronti diversi persone che difendono un progetto alternativo e persone che difendono il capitalismo e cercano di distruggere il sistema sociale e l’indipendenza che la Revoluciòn cubana ha saputo difendere per oltre mezzo secolo dagli attacchi del potente vicino e dei suoi alleati. Nel capitalismo la cultura dell’avere è parte integrante del sistema e l’esibizione della ricchezza, vera o presunta, fa parte della cultura dominante. Cuba, che con il suo sistema sociale promuove la cultura dell’essere, non è esente dai fenomeni negativi di questa pratica esibizionista, il vicino del barrio che si mette al collo tre catene d’oro massiccio esprime la stessa cultura dell’emiro arabo che ricopre di lastre d’oro il suo aereo personale, sono entrambi portatori della stessa cultura dell’avere. Prendendo atto della realtà attuale, si rende necessario rimettere al suo posto la piramide cubana, invertita rispetto a quella capitalista, tenendo in conto che se il socialismo privilegia la cultura dell’essere, necessariamente non esclude l’avere inteso come soddisfazione di necessità individuali con il frutto del proprio lavoro e non come edonismo esibizionista. La cultura dell’avere è dominante nel pianeta e Cuba è vista come “non normale” ed il socialismo cubano è un lungo processo in costruzione che interpreta altre esperienze socialiste ma soprattutto ha un carattere proprio derivante dalla sua cultura e dalla sua storia. Ubieta ha poi spiegato come la propaganda capitalista insiste sul fenomeno della corruzione, sicuramente questo fenomeno è presente a Cuba ma non ai livelli dei paesi capitalisti dove tale pratica è organica al sistema mentre nel socialismo cubano questo fenomeno è in netto contrasto con il sistema sociale. I cambiamenti in atto nel sistema economico e sociale cubano trattano di contrastare efficacemente questo fenomeno che mette a dura prova la credibilità del sistema, soprattutto nelle fasce giovanili che non hanno vissuto le orribili contraddizioni presenti nella società cubana prima del trionfo rivoluzionario. La maggioranza della popolazione cubana è nata dopo il 1959, saranno questi giovani che non hanno fatto la rivoluzione a dirigere il paese nei prossimi anni e dipenderà dalla loro capacità di fare propri i valori del socialismo, se il programma sociale cubano continuerà verso il rafforzamento della cultura dell’essere su quella dell’avere. La presenza in Cuba di un governo rivoluzionario dura ormai da almeno tanti anni quanto quelli dei governi capitalisti seguiti all’indipendenza e quanto fatto in questo lungo periodo dimostra che il socialismo, al di la delle difficoltà dovute all’aggressione esterna ed a autolimitazioni, ha saputo cambiare in meglio la società cubana, quindi non è accettabile la tesi che la propaganda imperialista cerca di far passare secondo la quale durante il periodo capitalista c’erano le vetrine ben illuminate e piene di prodotti accessibili a tutta la popolazione. Da qui la necessità di insegnare ai giovani la capacità critica che permetta di combattere le menzogne diffuse dai detrattori del socialismo che vorrebbero tornare ad essere i padroni di Cuba. E’ indispensabile che sopratutto in tv, dove passano cose che non dovrebbero passare (Ubieta ha raccontato di film che negli USA non vengono trasmessi per il loro alto contenuto di violenza, razzismo e volgarità, che sono stati trasmessi dalle reti nazionali cubane), si torni a stabilire gerarchie che privilegino la cultura dell’essere su quella dell’avere. Ivan Capote ha portato la sua testimonianza diretta sulla guerra culturale che il Governo degli Stati Uniti mette in atto per sottomettere le persone alla cultura dominante al servizio degli interessi delle potenti lobbyes che dominano il pianeta. Secondo Capote, Cuba possiede una lunga esperienza riguardo alla guerra culturale e la storia racconta di cinquantanni di successi nel contrastare le aggressioni dei nemici. Per rendersi conto di quanto l’Isola ribelle sia stata oggetto di aggressioni continue basta conoscere i documenti desqualificati dei servizi segreti che raccontano l’enorme mole di azioni messe in atto dagli yankee per “americanizzare” Cuba e che per raggiungere tale obbiettivo sono stati spesi più soldi di quelli utilizzati per imporre le dittature militari del secolo scorso in America Latina. Attualmente la politica yankee per mettere fine all’esperienza socialista cubana è rivolta alla sfera della cultura e dell’arte, molti artisti cubani spesso nemmeno si rendono conto che sono vittime della manipolazione del potente e sofisticato sistema mediatico imperialista. Contatti espliciti per assoldare artisti sono stati fatti a personaggi della corrente letteraria Los Nuevisimos, narratori, pittori, scultori, raperos, reguetonistas e soprattutto a cineasti nel Perido Especial quando l’ICAIC , l’Indistria Cubana dell’Arte e dell’Industria cinematografica, non disponeva delle necessarie risorse economiche per far fronte ai propri doveri istituzionali. Ivan Capote fu un testimonio diretto di simili avvicinamenti ed ha invitato tutti a promuovere a Cuba la creazione di una massa critica , soprattutto tra quei giovani che, nati durante la durezza del Periodo Especial, non sono interessati nel difendere la Revoluciòn. Il professor Pedro Esteban ha sostenuto la necessità di mettere a fuoco la lotta ideologica perché in questo siamo fragili in quanto la stampa cubana è molto fragile su questo terreno. Abbiamo giornalisti rivoluzionari che scrivono criticamente però la stampa non da loro lo spazio che necessitano. Al congresso dell’Associazione dei Giornalisti sono emersi discorsi interessanti al riguardo però sono passati sette mesi ed ancora non si vedono risultati in tal senso. Rubèn, un giovane appartenente all’Associazione Hermanos Saìz dell’Avana, ha espresso le sue preuccupazioni segnalando che nelle scuole cubane notoriamente di orientamento umanista, si notano pericolosi segnali di autoritarismo borghese assolutamente contrari al processo rivoluzionario. Serve pure un linguaggio che non sia quello della cultura della guerra imperante. Adalberto, direttore della libreria Alma Mater dell’Università dell’Avana, ha incitato ad un’azione più efficace nello smontare i temi della propaganda del nemico, non serve occultare gli attacchi, tutti li conoscono, serve smontarli in tutti i luoghi possibili. Molta gente si dedica all’intrattenimento e guarda le telenovelas senza interessarsi delgrave pericolo che si corre, bisogna attivarsi e distruggerlo. La professoressa della Facoltà di Sociologia dell’Università dell’Avana, Marlene Valdès, ha detto che al capitalismo non conviene costruire uomini liberi ma si interessa solo al cliente-consumatore mentre a Cuba si sono fatti sforzi immensi per la formazione di un uomo diverso, che può esser anche un consumatore, però diverso. Se il Perido Especial ha fortemente limitato questo processo, ora bisogna assolutamente proseguire con più forza in questa direzione. Alla fine dell’incontro le conclusioni sono state tratte da Ivàn Capote ed Enrique Ubieta. Capote ha ricordato come il nipote di Freud abbia utilizzato il suo ascendente per sviluppare teorie di vendita capitalista che l’hanno fatto diventare ricco mentre la rivoluzione cubana ha sviluppato un sistema favoloso che però ancora non è riuscito a far prevalere i principi necessari per formare l’uomo che aspiri a sbiluppare una maggiore cultura dell’essere. Si producono ancora prodotti culturali poco attrattivi, si mandano film nordamericani che hanno come fine quello di propagandare la cultura dominante dell’avere e della violenza, della supremazia yankee, degli eroici ed invincibili marines e su tutto questo la stampa non si esprime. Cuba continua ad essere impegnata in una guerra imposta, una guerra di riconquista guidata dalla politicheria e dalla mafia cubano-americana che vorrebbe rimettere le mani sui tesori dell’isola. Però Cuba continua a resistere e se Fidel ha portato a termine la Revoluciòn con un pugno di uomini, i 300 giovani cubani che in questi giorni sono in Ecuador a rappresentare Cuba all’incontro mondiale della gioventù progressista, insieme ai tanti che sono rimasti qui, sapranno difenderla. Nelle sue conclusioni Enrique Ubieta ha parlato del fatto che Cuba ha una corazza forte che la salva dal sistema di disinformazione, questa corazza si chiama cultura, una cultura che bisogna comunque continuare a rafforzare con il pensiero critico e rivoluzionario. Che ci sia corruzione, è vero, che questa sia la logica conseguenza del sistema, come sostiene Yoani Sànchèz, è invece totalmente falso. La verità è sempre rivoluzionaria, la critica rivoluzionaria è verità, quella controrivoluzionaria è menzogna. Il danno maggiore del Periodo Especial è che il nemico è riuscito a fare in modo che siamo stati deboli nel costruire rivoluzionari. Il linguaggio della violenza, parlo di quello della sinistra violenta, è controrivoluzionario, io sono rivoluzionario però non sono violento, desidero il linguaggio della pace e la riconciliazione non significa capitolazione. Aver partecipato a questo incontro mi è servito a capire meglio come la cultura cubana sia riuscita ad arginare violente e continue aggressioni dei potenti che dominano il mondo e soprattutto a capire che dissociarsi dalla violenza imposta dai paesi ricchi è possibile, a patto di riuscire a mantenere il popolo unito a salvaguardia della propria libertà ed indipendenza e di non derogare mai dai valori umanitari che caratterizzzano l’esperienza rivoluzionaria cubana. I cambiamenti in atto a Cuba permetterranno di sviluppare un’economia che permetta di soddisfare bisogni materiali senza incidere sul processo di costruzione dell’essere. Essere rivoluzionari, appunto.